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Testaccio continua a mantenere una forte identità e quella genuina romanità che è da sempre tratto distintivo dei quartieri popolari. La sua veracità e i suoi scorci differenti ed innumerevoli hanno fatto sì che il rione Testaccio sia stato utilizzato spessissimo dal cinema nostrano.

Qui raccontiamo le 10 location cinematografiche più famose.

1. I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli

Candidato ai premi Oscar 1959 come miglior film straniero, questo film sancisce l’esordio ufficiale di un nuovo genere cinematografico, in seguito ribattezzato Commedia all’italiana che segnerà la fortuna del cinema italiano degli Anni Sessanta. La Commedia all’Italiana racconta la gente comune, la periferia degradata, il sottoproletariato urbano, ma – a differenza del neorealismo – lo fa con toni comici, divertenti, ironici tagliati sottilmente da una vena drammatica, amara, lo fa con un sorriso un po’ triste. “I soliti ignoti” racconta le gesta della miserabile banda del buco, dipingendo con maestria un mondo di povertà urbana che resiste nei suoi valori tradizionali all’attacco della nuova società di massa della quale però sente un’attrazione sempre più forte.
Cosimo, interpretato da Memmo Carotenuto, apprende da un altro detenuto un piano per un colpo di facile realizzazione presso il Monte di Pietà, piano che gli viene letteralmente scippato da Vittorio Gassman. Nel frattempo Cosimo, uscito dal carcere grazie a un’amnistia, raggiunge la banda per vendicarsi, ma viene tramortito da un pugno di Peppe che gli offre di partecipare al furto alla pari con gli altri. Cosimo rifiuta per orgoglio e da solo tenta di rapinare il Monte di Pietà, dove l’impiegato allo sportello gli toglie di mano la vecchia pistola con cui era minacciato e, poiché crede che Cosimo la voglia impegnare, dopo averla esaminata offre allo sbalordito rapinatore 1.000 lire. Andata fallita la rapina, Cosimo ormai terribilmente affranto, per racimolare qualche soldo si ritrova in bici a girovagare proprio nel rione Testaccio, tra via Benjamin Franklin e via Manuzio finchè adocchia la sua vittima, una donna con una borsetta. Lo scippo andrà malissimo, con tragico finale sotto un tram di passaggio: il tram viene da via Galvani e lo schianto avviene all’angolo con via Franklin. La zona non è facilmente riconoscibile perchè sulla sinistra c’è tutta una zona di caseggiati, i cosiddetti “villinetti”, che è stata abbattuta ed è sparita da decenni. Tuttavia, l’indizio ce lo fornisce in fondo la scritta “Da Checchino”: si tratta del famoso ristorante storico, ai piedi del Monte Testaccio, che contribuì alla nascita della cucina popolare romana e che esiste tuttora.

 

2.Accattone (1961) di Pier Paolo Pasolini
Anche in questo film si scorgono i cosiddetti “villinetti” di Via Benjamin Franklin. Primo film diretto da Pier Paolo Pasolini, e può essere considerato la trasposizione cinematografica dei suoi precedenti lavori letterari. Accattone è il soprannome di Vittorio, interpretato da Franco Citti, un “ragazzo di vita” romano il cui stile di vita è improntato al vivere alla giornata, al sopravvivere. Il film è una metafora di quella parte di Italia costituita dal sottoproletariato che vive nelle periferie delle grandi città senza alcuna speranza per un miglioramento della propria condizione. Come anche in tutti gli altri film che seguiranno, quest’umanità reietta, disperata, tenta un riscatto sociale, un salto in avanti, ma ogni soluzione sembra concretizzarsi solo con la morta. Anche Accattone morirà, e morirà proprio nel rione Testaccio.
E’ la scena finale che chiude la pellicola, che comincia inquadrando via Gian Battista Bodoni, poi si passa a via Benjamin Franklin con Accattone e i suoi compagni di furti, Balilla e Cartagine, che si preparano al furto dei salumi nascosti in un carretto di fiori, l’ultimo furto del protagonista.
La scena, poi, ci mostra i carabinieri che stanno per salire sulla loro Seicento con la quale andranno ad intercettare Accattone. Sullo sfondo, dietro al motociclista di passaggio, Pasolini inquadra i “villinetti” di via Aldo Manuzio, in cui si nota un caseggiato che oggi non esiste più. Infine, durante la corsa in moto di Accattone che cerca di fuggire, si inquadra nuovamente via Benjamin Franklin.

Da via Franklin c’è un salto, una di quei giochi tipiche del cinema, ed Accattone si ritrova magicamente al Ponte Testaccio, che in realtà è più distante, su cui troverà la morte, compiendo così il destino che pesa su di lui sin dall’inizio. Guarda l’intera scena.

3. Così parlo Bellavista (1984) di Luciano De Crescenzo
Sempre in Via Franklin, ma con i “villinetti” ormai scomparsi, è girata una famosa scena di un film in realtà ambientato a Napoli, “Così parlo Bellavista” di Luciano De Crescenzo. Ebbene si, la magia del cinema fa anche questo: un film che esalta la napoletanità è stato girato per gran parte nella Capitale. Nello specifico nel rione Testaccio è stato girato l’episodio iniziale, quello famosissimo dell’ingorgo a croce uncinata.
La strada del bar dove il milanese Cazzaniga, interpretato da Renato Scarpa, sceso dal taxi a seguito ingorgo del traffico, trova prima il vigile intento beatamente a sorseggiare un caffè e successivamente deve scappare perchè assalito da una ressa di persone che gli chiedono un’assunzione in quanto incautamente gli è scappato che è il nuovo capo del personale dell’Alfa Sud è via Beniamino Franklin a Roma.

4. “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” (1970) di Elio Petri

Oscar per miglior film straniero nel 1971. Nato con all’origine l’idea dostoevskiana dell’assassino che sfida la giustizia, il film risente del clima politico dell’epoca: Gian Maria Volontè, promosso da capo della Sezione Omicidi a capo della Sezione Politica, uccide, sgozzandola, l’amante con cui aveva un rapporto sadomasochistico e che lo tradiva con uno studente appartenente alla contestazione attiva. Invece di cercare di occultare le prove le rende sempre più evidenti, convinto che il potere in suo possesso gli possa consentire di continuare ad essere al di sopra di ogni sospetto. Il poliziotto assassino, in virtù della vittoria dell’ordine costituito, finisce per agognare la propria punizione, cadendo in un groviglio di psicosi che sfocia in un finale kafkiano: il protagonista oramai deciso sulla sua posizione autopunitiva, consegna una lettera di confessione ai suoi colleghi. L’ufficio postale da cui l’insospettabile commissario spedisce prove della sua colpevolezza è quello di Via Marmorata: un gioiello di architettura razionalistica realizzato tra il 1933 ed il 1935 da Adalberto Libera e Mario De Renzi.

 

5. “Brutti, sporchi e cattivi” (1976) di Ettore Scola
Presso lo stesso edificio postale di Via Marmorata avviene l’esilarante sequenza del ritiro della pensione “de nonna” del capolavoro di Ettore Scola, “Brutti, sporchi e cattivi”, che vinse il 29° Festival di Cannes.  Al centro del film sono la periferia romana dei primi anni settanta e le sue baracche, raccontate impietosamente con tutte le loro miserie, morali e materiali. La pellicola, infatti, racconta di una famiglia di baraccati – circa venticinque persone tra genitori, figli, consorti, amanti, nipoti e nonna – al cui capo c’è il vecchio e dispotico Giacinto Mazzatella, mirabilmente interpretato da Nino Manfredi. Festa grande per tutta la famiglia è il giorno della pensione della nonna, in cui, come una caotica tribù, si reca l’intera famiglia a ritirarla facendo spingere ai più piccoli la carrozzella dell’anziana. Una volta che però il denaro è nelle loro mani viene diviso e ognuno si avvia per la propria strada, lasciando l’anziana sola con i bambini che hanno il compito di riportarla a casa.

 

6. Ferzan Ozpetek: “Le fate ignoranti” (2001) e “La finestra di fronte”(2003)

Il regista turco romano che ha eletto il quartiere Ostiense come sua dimora e come set di innumerevoli pellicole, non poteva fare qualche capatina nell’adiacente rione Testaccio. Lo troviamo, infatti, sul retro dell’ufficio postale di Via Marmorata, che – come abbiamo visto – è stato teatro di varie scene del cinema italiano. Proprio nei giardinetti retrostanti l’edificio di Libera e De Renzi, i due protagonisti de “Le fate ignoranti”, Margherita Buy e Stefano Accorsi, mangiano spensieratamente un cono gelato.

A Testaccio Ozpetek torna due anni più tardi con una scena de “La finestra di fronte”: è sera e la protagonista Giovanna, interpretata dalla Mezzogiorno, entra in un bar portando dei dolci e fa la conoscenza di Lorenzo, interpretato da Raoul Bova. Il bar è l’attuale Rec42 e si trova in Piazza dell’Emporio a Roma. Subito dopo, infatti, vediamo uscire dal bar Giovanna e Lorenzo e ritrovarsi, appunto, su Piazza dell’Emporio alla ricerca di Simone, il signore che ha perso la memoria e che la ragazza sta provando ad aiutare: lo ritroveranno subito, seduto affranto sugli scalini della Fontana delle Anfore, fontana che ora non può più essere ammirata in loco perchè è stata risistemata nel fulcro del rione Testaccio, ossia in Piazza Testaccio.

 

7. Elsa Morante e “La Storia”
All’esterno dell’edificio, una targa ricorda che qui la scrittrice Elsa Morante visse i primi dieci anni della sua vita. Elsa Morante, nata a Roma nel 1912 e morta nel 1985, è considerata una delle più importanti autrici di romanzi del dopoguerra. Elsa Morante nasce a Roma nel 1912, e trascorre la sua infanzia nel rione Testaccio. Fuori l’ingresso della sua abitazione in Via Amerigo Vespucci, una targa ci ricorda la grande scrittrice italiana abitava qui. Nel cortile, sulla parete della Scuola dei bimbi, un’altra targa recita una frase della scrittrice: «Solo chi ama conosce». La sua realizzazione è opera dell’architetto Massimo Iannuccelli.
Proprio a pochi metri da qui vagabondavano i protagonisti del romanzo “La storia”, Useppe e la sua compagna inseparabile, la cagna Bella, “in libera uscita nel quartiere Testaccio e dintorni”, tra via Bodoni, via Marmorata, il Lungotevere, ponte Sublicio nella primavera-estate del 1947.

Elsa Morante scrisse il romanzo “La storia” tra il 1971 e il 1973. Ambientato per lo più nella Roma della seconda guerra mondiale e dell’immediato dopoguerra, il libro narra la tragica vicenda di Ida Ramundo e dei suoi due figli. I tre si trasferiscono da San Lorenzo, distrutta dai bombardamenti, in una camera ammobiliata in via Mastrogiorgio, poi dopo la guerra prendono un appartamento in via Bodoni.
Il romanzo “La storia” ha avuto una sua trasposizione cinematografica: nel 1986 Luigi Comencini gira “La Storia” per la televisione, anche se ne è stata distribuita anche una versione ridotta destinata al circuito cinematografico. Il film non è in grado di rilasciare le stesse atmosfere, i particolari, i dettagli, gli infiniti intrecci del romanzo, però dobbiamo sottolineare l’estrema difficoltà di adattare l’opera cinematografica al testo complesso della Morante. Il risultato, dunque, non è dei migliori, ma dobbiamo riconoscere a Luigi Comencini almeno il merito di averci provato.

8. Fantozzi e Fracchia
Anche il ragioner Ugo Fantozzi, personaggio creato e interpretato da Paolo Villaggio, ha abitato nel rione Testaccio nel terzo film della saga, “Fantozzi contro tutti” (1980) di Paolo Villaggio e Neri Parenti. Tutte le scene dell’abitazione di Fantozzi sono state girate a Roma in via Giovanni Battista Bodoni n. 79, nel quartiere Testaccio. Questo grande stabile ospiterà non solo la scala da cui sale Fantozzi, e quindi il suo appartamento, ma anche il forno del panettiere Cecco, di cui si innamorerà perdutamente la Pina.
Il panificio, che è sopravvissuto fino a poco tempo fa con il nome de “La contea del pane”, in cui lavora dal rozzo Cecco, interpretato da Diego Abatantuono, è ubicato nella medesima via a poche centinaia di metri dall’abitazione in direzione di Lungotevere Testaccio dove Fantozzi abita. Il forno notturno, teatro della storica scena con Villaggio, Abatantuono e Ennio Antonelli, l’incontenibile “zio Antunello”, in cui Fantozzi va a “insultare” il panettiere, reo di avere una tresca con la moglie è stata girata proprio all’interno del forno del citato panificio, che è all’interno dello stesso stabile di via Bodoni.
Concludiamo con il finale del film: avviene il rientro di Fantozzi e Pina a casa, accompagnati dalla scritta in cielo “Fantozzi è stronzo”.

Paolo Villaggio e Neri Parenti torneranno l’anno successivo a Testaccio per girare “Fracchia la belva umana” (1981)
La casa del ragioniere Giandomenico Fracchia è ubicata sul Lungotevere Testaccio 11; la vediamo nella scena di apertura del film, quando Fracchia esce di casa facendo jogging.

9. Acqua e sapone (1983) di Carlo Verdone
L’esterno della tintoria dove Rolando, interpretato da Carlo Verdone, si reca di corsa a prendere il vestito da prete che la nonna, la Sora Lella, ha lasciato a lavare è nel rione Testaccio, più esattamente in Via Ghiberti 35, accanto allo storico Roma Club, il primo di Roma. Rolando, poi, troverà la tintoria chiusa causa morte del proprietario, il sor Gino.

 

10. L’ex-Mattatoio nel cinema

Nel cinema l’ex-Mattatoio è stato molto sfruttato. Lo troviamo per la prima volta in “Domenica d’agosto” (1950) di Luciano Emmer, il film che ha aperto la strada al vituperato neorealismo rosa ed anche al filone del cinema balneare, poi ripreso, anche troppo, negli anni Sessanta. La pellicola racconta una tipica domenica d’agosto in cui persone di diverse estrazioni sociali si dirigono verso la spiaggia per sfuggire alla calura cittadina. Tutti tranne dei rapinatori che approfittando della città deserta per fare il colpo nel Mattatoio. In questo modo possiamo vedere il Mattatoio al suo interno.

Due anni più tardi al Mattatoio fa capolino anche Roberto Rossellini con il suo film “Dov’è la libertà” (1952) con Totò. Si tratta di uno dei film più travagliati di Totò, poiché, dopo aver girato alcune scene, Rossellini si disinteressò della pellicola. L’opera fu completata dopo circa un anno principalmente da Mario Monicelli; le inquadrature finali risultano essere state girate da Federico Fellini.
Il protagonista Salvatore Lojacono, un modesto barbiere, esce di galera dopo aver scontato 22 anni di prigione per aver ucciso un suo amico che insidiava sua moglie. Spaventato, come chi è ormai abituato alla protezione del carcere, trova una realtà completamente stravolta, una giungla in cui non riesce ad adattarsi e, schiacciato dai sensi di colpa per un destino beffardo, vaga per la città alla ricerca di un alloggio e di un lavoro che lo faccia rientrare nel tessuto sociale. In questa scena, vaga per Roma con la sua valigetta senza sapere bene dove andare. “Dopo aver contato 20 chiese, 18 monumenti e 35 fontane” si imbatte in una mandria di buoi e si ritrova davanti al macello. Guarda la scena.

Infine, un utilizzo molto anomalo dell’ex-Mattatoio operato da “La leggenda del pianista sull’oceano” (1998) di Giuseppe Tornatore, ispirato al monologo teatrale dello Baricco “Novecento”. E’ la storia di un pianista, nato a bordo di una nave, che decide di spendere tutta la sua vita sulle rotte dell’Atlantico, avanti e indietro fra Europa e America, senza mai scendere a terra, diventando un pianista mirabile, e che diventa metafora del nostro secolo. La nave, la Virginian del film, ha avuto una triplice location: la vera nave si trovava nel porto di Odessa, dove hanno girato per cinque settimane. Ma l’ex-Mattatoio ha ospitato per diversi mesi la sagoma della Virginian, alta 35 metri, imponente, maestosa, che si poteva scorgere da vari punti della città. Intorno a quella sagoma che condensa tutta la magia del cinema e’ stato ricostruito il porto di New York, il Pier n. 3, con i magazzini, i carri carichi di botti, i sacchi, la gente vestita come negli anni ’30.
Infine, l’ultimo set: Cinecittà, dove e’ stata costruita la sala da ballo del piroscafo. Il Teatro 5 è diventato il sontuoso salone delle feste della nave Virginian, tutto luci, boiseries e motivi floreali, dominato da una grande cupola scintillante di vetrate Liberty, da cui pende un immenso lampadario a gocce.

Gabriella Massa

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