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Con i suoi quasi 100 mq di superficie, il grande murale di Mario Sironi sulla parete di fondo dell’Aula Magna del Rettorato della Sapienza, è stato realizzato nel 1935 ed è considerato uno dei più significativi esempi della grande decorazione del Ventennio.

Marcello Piacentini, fedelissimo architetto di Mussolini, aveva affidato il compito di illustrare il fascismo all’artista Mario Sironi nel momento di maggiore ascesa del consenso al regime.

E così la rappresentazione dell’ “Italia tra le arti e le scienze” venne completata con molti simboli riferibili al regime: insieme alle personificazioni dell’Astronomia, Mineralogia, Botanica, Geografia, Architettura, Lettere, Pittura e Storia, si rintracciano i simboli dell’aquila imperiale, cavalieri, vittorie alate e l’effige di Mussolini a cavallo.

L’artista, però, pagò cara la sua adesione al fascismo. Nel corso degli anni, infatti, il dipinto subì manomissioni e censure: la prima arrivò in seguito alla Seconda Guerra Mondiale, quando l’intera superficie venne ricoperta con uno spesso strato di carta da parati.

Risale ai primi rettori nel dopoguerra l’idea di oscurare l’affresco, per il quale poi si decise di mediare tramite una censura volta ad eliminare tutti quei simboli riconducibili al fascismo. L’intervento, che si trasformò in una vera e propria de-fascistizzazione dell’affresco, fu elaborato da un’apposita commissione, all’interno della quale, paradossalmente, presiedeva anche lo stesso Piacentini. La rimozione della carta fu causa di ulteriori danni alla pellicola pittorica.

A quel punto l’intera superficie fu rimaneggiata, ripassata e integrata per mano di Carlo Siviero. Al tempo Sironi era ancora vivo (non volle mai più rivedere quella sua opera così deturpata) e si operò in un’atmosfera di soggezione nei suoi confronti.
Insieme alla censura, venne alterata la tonalità generale della superficie pittorica e anche il profilo dei volti: il cielo azzurro fu oscurato, cambiarono le vesti, le acconciature.

 

Il restauro, che dopo 77 anni ha svelato il Sironi dell’Aula Magna del Rettorato dell’Università Sapienza di Roma, è durato due anni, ha visto la collaborazione tra Iscr e Sapienza e si è mosso in direzione di un intervento filologico.
Utilizzando come supporto le fotografie in bianco e nero dell’opera di Sironi pre-censura da preservare, è stato possibile recuperare la superficie originale con l’ausilio di solventi non aggressivi in profondità. Eliminate le aggiunte superficiali, è riemersa l’autentica cromaticità dell’opera, più satura e accesa nei colori: un affresco solo parziale, con molte finiture a secco.

Un restauro che risulta interessante non solo dal punto di vista del recupero di un manufatto artistico, ma anche in merito al dibattito ben più profondo (e attuale) sulla correttezza o meno della censura dell’arte prodotta in un determinato periodo storico.

Non giocate con il passato. Il passato è quello che è, nel bene e nel male, ma soprattutto è passato. Dovremmo ricordarlo, studiarlo, ma non stravolgerlo a nostro uso e non attualizzarlo nel bene e nel male. E meno che mai rimuoverlo.
Paola Mastrocola 

Se siete interessati ad approfondire questi aspetti della città, offriamo un ciclo di itinerari su Roma Fascista  di cui una visita guidata della Città Universitaria.

Le foto nell’articolo appartengono all’Ufficio stampa e comunicazione – università La Sapienza

 

 

 

Giulia Chellini

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