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La zona del Ghetto di Roma è un quartiere segnato dal fascino della sua tormentata storia, ma nel cinema ha sempre avuto una doppia vocazione. La prima, semplice e generica, come ambientazione folcloristica romanesca, e la seconda, più drammatica e specifica, come scenografia naturale di una entità etnico-culturale antica e coesa: gli ebrei di Roma, ovviamente, che poi sono di fatto più romani di tanti romani, visto che qui ci stanno da sempre, malgrado difficoltà, allontanamenti e persecuzioni.

1. Location folcloristiche romanesche: i film con Totò ed Aldo Fabrizi
Il Ghetto, per il suo aspetto caratteristico e tradizionale, è stato utilizzato in molte delle commedie all’italiana che s’innestavano nella corrente del Neorealismo fino a soppiantarlo dagli anni Cinquanta in poi. Primo su tutti, Guardie e Ladri (1951) di Steno e Mario Monicelli, in cui Totò interpreta un truffatore che cerca di sfuggire alla guardia Aldo Fabrizi fino a che, dopo inseguimenti vari, i due finiranno per diventare amici. Abbiamo un’ampia panoramica delle strade del Ghetto quando l’agente di polizia, uscendo da casa di Totò, decide di seguirne il cognato per vedere dove va. Lo vedremo percorrere dapprima Borgo Sant’Angelo, quindi Via del Portico d’Ottavia. Il punto d’arrivo del pedinamento è in Piazza delle Cinque Scole, dove si accorge che il ragazzo ha un appuntamento. Quale la sorpresa quando Bottoni vede che la persona che il giovane sta attendendo sia proprio sua figlia!!
La stessa piazza tornerà poco dopo in Siamo uomini o caporali (1955) di Camillo Mastrocinque sempre con protagonista Totò, nei panni di Totò Esposito, personaggio trasformista, quasi un antesignano del camaleontico Zelig di Woody Allen. Nel Ghetto Totò, facendo vari cambi d’abito e spacciandosi prima per gerarca fascista e poi per ufficiale nazista, riesce a superare la lunga fila di clienti davanti al negozio in attesa per avere la razione di cibo durante la seconda guerra mondiale. Lo sketch si concluderà quando viene smascherato da un milite fascista, interpretato da Paolo Stoppa, che lo fa arrestare dai tedeschi.
La coppia Totò-Aldo Fabrizi, reduce dal grande successo di Guardie e Ladri (1951), verrà riproposta da Steno qualche anno dopo ne I tartassati (1959), che può esserne considerato quasi il seguito, in quanto i due protagonisti si ritrovano negli stessi ruoli di guardia e ladro. La casa di Aldo Fabrizi è in via Portico d’Ottavia a Roma, proprio di fronte alla sinagoga: la si vede quando, sul finire del film, Totò aspetta il maresciallo per riconsegnargli la borsa rubata in precedenza. I due, riappacificati, anche in questo caso diventeranno amici, nonché consuoceri.


2. Un americano a Roma (1954) di Steno con Alberto Sordi
La zona del Ghetto come caratterizzazione romanesca a volte è stata anche dissimulata: in Un americano a Roma (1954), il Ghetto viene, infatti, spacciato per Trastevere. Ma un vero romano non può non riconoscere le colonne del Portico d’Ottavia quando il protagonista Nando Mericoni, un giovane trasteverino affascinato dal mito americano, si acquatta sotto casa sua usando le mani come pistola e gioca prima col gatto mammone fingendo di sparargli, e, subito dopo, tende un agguato al metronotte in bicicletta, con il quale si difende dicendo: “E sto a scherzà: è scarica!”.
Mentre Nando continua a scusarsi con la guardia, lascia la colonna e si trova sotto la finestra di casa sua, da cui il padre, interpretato da Giulio Calì, si affaccia rimproverandolo duramente. Sembrerebbe incamminarsi verso la Trattoria da Giggetto, ma l’inquadratura cambia di colpo. Infatti, anche se non lontanissimo, casa di Nando è da tutt’altra parte rispetto al Portico d’Ottavia: siamo in Via di Santa Maria in Monticelli.
Il film, poco dopo, ritorna in Via del Portico d’Ottavia, quando il padre di Nando ricorda i terribili momenti che visse il Ghetto ai tempi della Roma occupata dai tedeschi.

 

3. Fortunella (1958) di Eduardo De Filippo con Alberto Sordi e Giulietta Masina
Pochi anni dopo Alberto Sordi recita nuovamente nei pressi del Portico d’Ottavia in un film delicato, Fortunella (1958), dove interpreta un indolente e vile stracciarolo che abita con l’ingenua fidanzata, la “fortunella” Giulietta Masina, in una baracca addossata al muro di via di Sant’Angelo in Pescheria, lì dove una torre medievale diventa un angusto condominio.
Una curiosità non da poco: la colonna sonora di questo film “felliniano senza Fellini” è firmata da Nino Rota, il quale la riproporrà, con decisamente maggiore fortuna, come tema principale per il film Il Padrino di Francis Ford Coppola.

4. Lo scherzo del vespasiano nel Marchese del Grillo (1981) di Mario Monicelli
Alberto Sordi ritorna al Ghetto, per una delle sue più celebri interpretazioni: Il Marchese del Grillo. È proprio all’interno del Ghetto, più precisamente in via Sant’Angelo in Pescheria dietro al portico d’Ottavia, il luogo dove il marchese burlone fa il mitico scherzo del vespasiano facendo murare l’ingresso della bottega di un prestatore, e posizionare un vespasiano nel punto esatto dove c’era la porta. Celata anche in questo caso la vera location: vista la professione del bottegaio si parla di via dei Banchi Vecchi, tant’è che tutti ricorderemo che, quando il prestatore arriva e non trova la bottega ma solo il marchese, chiede “Ma nun è via de li Banchi Vecchi questa?”. E il marchese risponde: ”Beh? A via de li Banchi Vecchi nun se pò piscià?”


5. Sotto sotto, strapazzato da anomala passione (1984) di Lina Wertmuller
Tutto girato tra il Teatro Marcello ed il Portico d’Ottavia è questo film della Wertmuller che racconta la storia di un falegname, interpretato da Enrico Montesano, che ha casa e bottega proprio tra le rovine romane. Accanto a questi celebri archi, si svolgerà il dramma di un uomo che scoprirà che sua moglie, interpretata da una sensuale Veronica Lario, si è innamorata di un’altra donna.

6. Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) di Elio Petri
Il celeberrimo film politico di Elio Petri, che ricevette l’Oscar come miglior film straniero nel 1970, fa un particolare utilizzo del Ghetto. Proprio davanti alla Sinagoga, in via del Tempio 1, abita l’amante che viene assassinata dallo psicopatico funzionario di polizia, interpretato da un grande Gian Maria Volontè: è il Villino Astenghi, la palazzina in stile liberty che fa angolo con il Lungotevere Cenci, costruita da Ezio Garroni e affrescata da Giuseppe Zina nei primi anni del Novecento.
Sulle note della indimenticabile colonna sonora firmata da Ennio Morricone, il film si apre mostrandoci Gian Maria Volontè in attesa davanti la casa della sua amante Augusta Terzi, con lo sguardo diretto alla finestra dove a breve comparirà la donna. Subito dopo, la macchina da presa indugerà su parte della facciata mettendone in evidenza le decorazioni floreali e due affreschi raffiguranti le allegorie della Scienza e della Giustizia.
Subito dopo l’omicidio all’interno dell’appartamento, anch’esso in pieno stile liberty, il colpevole si affaccia e vede la facciata della Sinagoga, con il suo riconoscibile cartiglio su cui sono scolpiti un versetto in ebraico dell’Antico Testamento.


7. L’oro di Roma (1961) di Carlo Lizzani
Il Ghetto, però, è stato spesso anche palcoscenico naturale delle vicende della comunità ebraica romana, ed in quanto tale nel cinema ha assunto spesso tinte drammatiche. L’Oro di Roma (1961) è il film simbolo delle tragiche vicende sperimentate dagli ebrei romani durante la seconda guerra mondiale. Narra un orribile episodio avvenuto durante l’occupazione tedesca della capitale, quando il 26 settembre 1943 i nazisti, su ordine del maggiore delle SS Herbert Kapler, imposero alla comunità di versare 50 kg di oro, pena la deportazione di 200 di essi. Concede solo 36 ore di tempo. Saranno ore concitate, in cui il film indaga le divisioni all’interno della comunità tra chi non crede nella parola dei tedeschi e vuole combattere, e chi invece rispetta il precetto religioso del rifiuto della violenza e decide di accondiscendere al ricatto. Sullo sfondo di questi contrasti ed indecisioni, vi è il Tempio Maggiore che diventa teatro di una lunga fila di ebrei in ansia che portano tutto ciò di cui dispongono, spesso poverissimi oggetti, per soddisfare in brevissimo tempo l’esorbitante richiesta tedesca. In fila si vedranno perfino romani non ebrei e qualche sacerdote: è la solidarietà dei romani verso i fratelli colpiti e soprattutto la muta protesta contro la taglia esosa.
Taglia esosa che si rivelerà appena due settimane dopo un infame inganno. Il 16 ottobre del 1943 all’alba di un piovoso mattino le SS circondano la zona del ghetto. È sabato, giorno di riposo degli ebrei. Molti saranno sorpresi nel sonno. Qualcuno riuscirà a scappare dalla finestra attraverso i tetti, ma i più sono presi. Alla fine gli ebrei romani catturati sono 1066, molti dei quali bambini, deportati due giorni dopo su diciotto vagoni in partenza dalla Stazione Tiburtina e diretti ad Auschwitz.

 

8. Nell’anno del Signore (1970) di Luigi Magni
Per fortuna il cinema ha trattato anche con toni comici e più leggeri la difficile vita degli ebrei, come nel caso di questo piccolo gioiellino cinematografico facente parte della trilogia di Luigi Magni sulla Roma papalina durante il periodo risorgimentale. Siamo nella Roma del 1825, durante il pontificato di Leone XII, dalla politica reazionaria e intransigente, anche nei confronti della comunità ebraica. Il film mostra lo stato di subordinazione ed umiliazione in cui gli ebrei sono costretti a vivere , considerati praticamente esseri di serie B. Si vede Tognazzi, nelle vesti di un viscido cardinale, che all’indirizzo della splendida popolana ebrea Claudia Cardinale, commenta irrevocabile e lapidario: “Che peccato: così bella, così giudìa!”.
Oppure, si vedono gli ebrei costretti ad ascoltare le prediche di un prete che tenta di convertirli. È episodio storico: ogni sabato, giorno di festa e riposo ebraico, davanti alla chiesetta di San Gregorio al Ponte Quattro Capi e fuori il Tempietto del Carmelo, quegli abitanti infedeli e da convertire venivano raccolti e obbligati a sentire i sermoni che li accusavano di responsabilità bibliche. Nel film di Magni gli ascoltatori sembrano assorti e convinti, ma in realtà c’è un trucco, realmente usato dagli sventurati: si sottraggono alla dura afflizione, infilandosi tappi nelle orecchie!

9. Piazza Mattei e la Fontana delle Tartarughe
In una zona a margine del Ghetto c’è un’intima piazzetta con una splendida e scenografica fontana, disegnata da Giacomo della Porta, dove delle tartarughe si arrampicano sulla vasca sospinte da degli efebi. È Piazzetta Mattei ed è uno dei luoghi cinematografici meno eclatanti, ma tra i più utilizzati di Roma.
È proprio qui, che sorge Palazzo Costaguti, corrispondente anche alla prima residenza romana di Pasolini appena arrivato a Roma in fuga da Casarsa, che viene utilizzato spessissimo come set cinematografico interno ed esterno.
È qui che si trova l’immaginario Hotel Imperial del film Nina (1976) di Vincent Minnelli, ultima opera del regista americano, dove l’eccentrica contessa Ingrid Bergman dà lezioni di vita alla cameriera Liza Minnelli, prima che diventi una stella cinematografica.
Sarà utilizzato da Verdone in Troppo Forte (1986) come casa del finto avvocato Giangiacomo Pigna, interpretato da Alberto Sordi, dove lo sventurato Oscar/Verdone va a cercarlo per chiedergli spiegazioni sul processo. Siamo negli attimi conclusivi del film, quando lo strampalato uomo, in preda ad una nuova crisi di identità, si è riscoperto insegnante di danza classica, facendo crollare anche l’ultima speranza del protagonista.
Tra i più famosi utilizzi, però, è in un thriller internazionale: Il talento di Mr Ripley (1999) di Anthony Minghella con Matt Damon, film girato interamente in Italia ed ambientato alla fine degli anni Cinquanta. A Palazzo Costaguti si svolge la scena del secondo omicidio, perché proprio qui il protagonista Tom Ripley ha affittato un quartierino. Appena ucciso la sua seconda vittima, trascina il cadavere nella piazzetta ed lo infila in macchina, facendo finta che il morto sia solo ubriaco.

Infine, ultimamente anche Woody Allen ha fatto capolino alla piazza con il suo To Rome with love (2012) dove una confusa Milly seduta sul bordo della fontana delle Tartarughe in Piazza Mattei, incontra il suo idolo Luca Salta, interpretato da Antonio Albanese.


10. La finestra di fronte (2003) di Ferzan Ozpetek
Il regista turco, ma romano d’adozione, ha utilizzato il Ghetto come set di alcune scene struggenti di questo film, in quanto l’anziano pasticcere Veroli è ebreo ed attraverso le strade del suo quartiere ripercorre pezzi di memoria che gli riaffiorano alla mente.
La finestra di fronte ripercorre e tocca la tragedia dell’assalto tedesco al Ghetto nazista, di cui abbiamo già parlato, e vuole aprire una finestra sulla memoria di uno degli ultimi e pochi sopravvissuti. Su 1066 deportati solo quindici torneranno in Italia ancora in vita, mentre gli altri trovarono la morte nel campo e nelle camere a gas.
Fulcro delle scene girate nel quartiere è, anche in questo caso, Piazza Mattei, dove c’è il bar ai cui tavolini si siederanno più di una volta Giovanna Mezzogiorno e Raul Bova: è il Bartaruga, o meglio lo era, visto che al suo posto ora c’è un locale biologico eat&drunk, mentre lo storico bar si è spostato di poco, su Via dei Funari.

 

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Gabriella Massa

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  • PAOLO ha detto:

    ….SCUSATE,AVETE DIMENTICATO DI CITARE IL FILM AMEN DI KOSTAGAVRAS DOVE NELLA
    PIAZZA MATTEI NEL 2001 GIRARONO LA SCENA DELLA DEPORTAZIONE DEGLI EBREI NEL
    16-10-1943……SALUTI,PAOLO

  • Eleonora ha detto:

    Dal portone del Palazzo Costaguti a Piazza Mattei esce il protagonista del film di Dino Risi, “Un amore a Roma,” interpretato da Peter Baldwin.

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