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ROMA NEL CINEMA

10 luoghi cinematografici tra i suggestivi vicoli del rione Monti

By 27/04/2017Gennaio 19th, 2024No Comments

Il rione Monti è il primo rione della città, primato che gli spetta per la vetustà ed il legame alla leggenda ed alla storia di Roma: possiamo ben dire che nei tempi antichi i suoi confini siano coincisi con quelli della città, per poi dare porzioni del proprio territorio per la creazione di altri rioni. Nonostante abbia perso grandi aree durante le successive suddivisioni amministrative, il rione Monti resta molto vasto, attraversato da grandi arterie che presentano il caratteristico andamento di ripidi saliscendi. Questo ci indica il perché del nome Monti: nome che gli deriva proprio dalle diverse alture – il Celio, il Viminale, l’Esquilino – che gli danno quel profilo inconfondibile e che sono sintetizzate nelle tre alture dei monti verdi in campo bianco dell’insegna rionale.

Monti, nonostante abbia subito molti interventi urbanistici che hanno stravolto l’aspetto primitivo, ancora mantiene un’aria antica, quasi di paese, con una tradizione popolare viva e gelosamente custodita dai suoi più affezionati abitanti, tuttora memori della storica rivalità tra monticiani e trasteverini. Basta passeggiare un po’ e si possono incontrare le botteghe degli artigiani, le vecchie osterie, le persone del quartiere che chiacchierano tra loro: le piazze, le vie, i vicoli ancora conservano il sapore ed il colore di una Roma che sta sparendo.
Questa sua speciale atmosfera antica ha fatto sì che Monti fosse usata ampiamente nel cinema, sia per la presenza di alcuni scorci veramente scenografici, come la utilizzatissima gradinata con nasone di via degli Ibernesi, sia per l’ambientazione di film storici, alcuni dei quali hanno segnato la storia del cinema italiano.

1. La banda degli onesti (1956) di Camillo Mastrocinque con Totò e Peppino De Filippo
Il rione Monti fa da scenario a gran parte delle disavventure di Boncore, Cardone e Lo Turco in questa brillante commedia dei malintesi, che è il primo film in cui viene consacrato il sodalizio artistico tra Totò e Peppino.
La tipografia di Lo Turco, interpretato da Peppino De Filippo, è in Piazza degli Zingari. La vetrina del calzaturificio che Totò si ferma a guardare, credendo di essere pedinato da due carabinieri, è in Via degli Zingari; subito dopo incrocia Peppino e lo attira dentro un portone, sempre nella stessa strada. Infine, il bar dove Totò, in una delle scene più divertenti del film, utilizza le tazzine di caffè e lo zucchero per spiegare il capitalismo a Peppino è in Piazza della Suburra a Roma, all’uscita della stazione metro Cavour. Il bar, che conservava lungo una parete la tavola di legno del vecchio bancone davanti al quale i due comici napoletani recitano la gag, ha chiuso durante il periodo Covid e nel 2021 un negozio di abbigliamento con dj ha aperto al suo posto.
Nella stessa piazza Totò reciterà qualche anno più tardi un altro film, Il comandante (1963) di Paolo Heusch in cui, nel primo dei suoi intensi ruoli drammatici, interpreta il vecchio colonnello Cavalli che, andato in pensione, combatte con l’adattamento alla vita civile e con il senso di inutilità legato alla senilità. Nella scena girata nel rione, Totò esce dalla Metro Cavour nello struggente intento di inseguire quello che crede l’amante di sua moglie.

2. Il monticiano d’adozione Mario Monicelli
Il rione Monti è da decenni legato affettivamente ad un grande del cinema italiano, Mario Monicelli. Il grande regista viareggino, ma romano d’adozione, venne a vivere qui, cambiando varie dimore. L’ultima, quella che lasciò per essere ricoverato all’Ospedale San Giovanni dove poi si suicidò nel 2010, era in Via dei Serpenti, ed oggi c’è una targa che lo omaggia come “uomo libero”.

Monicelli amava Monti perché – come affermò in una delle sue ultime interviste – il rione conservava ancora un carattere popolare e quasi un’aria di paese che gli ricordava un po’ l’infanzia trascorsa a Viareggio.
E sarà proprio il suo rione che Monicelli omaggerà con una delle sue ultime opere, un vero e proprio gioiellino, un cortometraggio documentaristico che fu presentato fuori concorso alla 65° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia: Dietro il Colosseo c’è Monti (2008). Quasi a dire che vicino alla “maestà der Colosseo”, c’è ancora la piccolezza dei gesti quotidiani: ci sono le partite a carte del centro anziani, le botteghe artigiane, le chiacchiere dal barbiere, la Pasqua degli ucraini accanto alla Madonna monticiana, la banda per la festa del rione. Così afferma Monicelli in un nota di regia: «Volevo raccontare un Rione di Roma, forse il più antico, non con toni enfatici e imperiali ma quotidiani. Volevo parlare di un paese con gli artigiani, con antiche vie percorse da processioni ,con piazze che festeggiano le tipiche ottobrate romane, negozi curiosi ed inaspettati, giardini tropicali dietro i muri delle case, scuole di musica e cinema, teatri e palestre di boxe nascoste nei seminterrati. Tutto molto velocemente, solo per invogliare il curioso a cercare gli aspetti più nascosti del Rione Monti.»
Guarda il cortometraggio su Youtube: Dietro il Colosseo c’è Monti (2008)

 

3. Il Marchese del Grillo (1981) di Mario Monicelli con Alberto Sordi e Paolo Stoppa
Viene da un capolavoro di Monicelli uno dei personaggi più riusciti della commedia italiana, il Marchese del Grillo, interpretato da un indimenticabile Alberto Sordi. E tal marchese abitava proprio a Monti, esattamente nel palazzo appartenuto alla casata del Grillo, che si erge nella strada che dalla famiglia ha preso il nome, la Salita del Grillo appunto, e che si congiunge attraverso un arco alla torre medievale “della Miliziola”, su cui ancora si può leggere EX MARCHIONE DE GRILLIS.
In realtà il film non viene ambientato nel palazzo originale, ma Monicelli si sposta di poco: il palazzo dei Cavalieri di Rodi. La scena iniziale del risveglio del marchese sulla terrazza è girata, infatti, nella magnifica loggia rinascimentale, riconoscibile dal portale binato dell’appartamento del cardinale Barbo, dagli affreschi di scuola mantegnesca e da una rapida inquadratura verso gli edifici del Campidoglio. Gli esterni del palazzo, invece, sono ambientati nel Palazzo Pfanner a Lucca, in cui i celebri giardini e le Mura di Lucca sono state occultate da un’altissima quinta.

Monicelli nel disegnare i tratti del suo eccentrico personaggio si ispira ad un personaggio realmente esistito, anche se quasi un secolo prima rispetto alle vicende storiche che si incontrano film. Si tratta di un marchese del Grillo di cui ignoriamo il nome: non era romano, ma nativo di Fabriano ed originario di Genova. La morte della madre e le ristrettezze familiari fecero sì che il giovane si trasferisse a Roma presso l’eccentrico zio Bernardo, nel suo palazzo sotto Monte Cavallo – come all’epoca veniva chiamato il Quirinale. Alla morte di Bernardo, nel 1757, il marchesino, che aveva sopportato le bizzarrie dello zio per lunghi anni, fu l’unico erede della cospicua eredità, che in breve tempo riuscì a dilapidare. Consigliere capitolino prima, poi Conservatore, fino a diventare addirittura cameriere segreto di Papa Pio VI – una vita al servizio del Papato, dunque, tant’è che la sua salma riposa nella tomba di famiglia della basilica di San Giovanni Battista dei Fiorentini.

In realtà Monicelli si ispira più ad un personaggio leggendario, che scaturisce dalla fama che i suoi scherzi colossali seminarono in tutta l’Urbe, ma nel quale probabilmente si fondono aneddoti ed episodi attribuibili a diversi membri della famiglia. Più in particolare, il Marchese del Grillo, emerso dall’oralità verso la metà dell’Ottocento, appare come una sovrapposizione tra lo zio Bernardo, bizzarro ed avaro, ed il nipote Onofrio, fortemente antisemita e spendaccione.

 


4. Aldo Fabrizi e don Pietro Pappagallo
Continuiamo con Monicelli che – come abbiamo visto – per Monti ha sempre avuto una predilezione. Nel suo Vita da cani (1950) di Mario Monicelli e Steno, il cineteatro “Cristallo” di Milano nel quale Nino Martoni, interpretato da Fabrizi, propone a Margherita, interpretata dalla Lollobrigida, di effettuare una gita a Como, in occasione della quale intende consegnarle un anello di fidanzamento, era in realtà l’ex cinema Manzoni situato in Via Urbana 152 a Roma. Il cinema chiuse i battenti nel 1960, e l’edificio ospitò in seguito le rotative de “Il Messaggero”.
Aldo Fabrizi reciterà nuovamente a Monti ne I prepotenti (1958) di Mario Amendola, dove la sua abitazione è lungo la Salita del Grillo, mentre il negozio di barbiere dove lavora Amendola è in Via Tor de’ Conti.
Ma Aldo Fabrizi forse resterà legato nella storia del cinema mondiale al personaggio di Don Pietro in Roma città aperta (1945) di Roberto Rossellini, il parroco locale che dà assistenza materiale e spirituale alle vittime dell’occupazione nazifascista ed aiuta attivamente i perseguitati politici.
Il personaggio di Fabrizi si ispira ad una persona realmente esistita, Don Pietro Pappagallo, il prete pugliese che si distinse per il suo impegno antifascista, e che viveva proprio nel rione Monti. Giunto a Roma nel 1925, divenne padre spirituale delle Suore di Gesù Bambino di via Urbana 1, per questo prese casa in via Urbana 2, dove viveva con la sua perpetua Maria Teresa. Proprio in questa casa, che divenne anche punto di incontro clandestino della resistenza romana, il sacerdote si impegnò nel fornire aiuto a soldati, partigiani, alleati, ebrei ed altre persone ricercate dal regime, soprattutto fornendo documenti falsi. Ed è proprio in questa casa che le SS verranno a prelevarlo, il 29 gennaio 1944, dopo la denuncia da parte della spia tedesca Gino Crescentini, per condurlo a via Tasso, dove trascorse i suoi ultimi due mesi di vita confortando i suoi compagni di prigionia. Condannato a morte, venne giustiziato il 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine, unico sacerdote tra le 335 vittime trucidate. A memoria del tragico evento, di fronte l’ingresso della sua vecchia casa di Via Urbana 2 vi è una Pietra d’Inciampo, posizionata nel 2012, che – come molte altre pietre fuori gli usci delle case di tutta Roma e di tutta Europa – ricorda i deportati dai nazisti nel luogo in cui sono stati prelevati.

 

5. Film d’amore e d’anarchia, ovvero stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza (1973) di Lina Wertmüller con Giancarlo Giannini e Mariangela Melato

Ambientato negli anni Trenta, Film d’amore e d’anarchia (1973) della Wertmüller narra la storia di un contadino lombardo, il taciturno e genuino Tunin interpretato da un bravissimo Giancarlo Giannini, anarchico quasi per caso, che giunge a Roma per vendicare l’uccisione dell’amico da parte dei carabinieri ed attentare al Duce. Nel suo soggiorno romano sarà ospitato dalla prostituta “compagna” Salomè, interpretata da Mariangela Melato, in un bordello sito in Via Baccina, proprio di fronte alla suggestiva scalinata con nasone di Via degli Ibernesi. Quasi tutta la trama si dipana intorno alla casa di tolleranza, sia all’interno in cui viene dipinto in termini realistici ed efficaci un quadro della vita quotidiana delle prostitute e dell’Italia divisa in dialetti, sia all’esterno, come ad esempio le sceneggiate notturne del fascista toscano ubriaco o la fuga finale di Tunin che, dopo un gesto folle, cerca di scappare dai carabinieri che tentano di arrestarlo.

Accanto alla nota casa di tolleranza del film della Wertmuller viene ambientata anche la “Casa della serranda” nel film Accattone (1961), il primo film diretto da Pasolini, dove il protagonista, interpretato da Franco Citti, in una momentanea fase di redenzione dal suo passato di ladro e magnaccio, accompagnato dal fratello, va a parlare col sor Pietro per ottenere un lavoro.

 

6. Ettore Petrolini
Non ci muoviamo da Via Baccina. Qui, al civico 32, nacque e visse l’attore, comico, sceneggiatore e drammaturgo Ettore Petrolini, come reca scritto la targa fuori la sua casa natale. Figura di spicco del teatro comico italiano di inizio Novecento, diede vita a numerose indimenticabili macchiette e personaggi che traslerà successivamente nel cinema, come Gastone, caricatura della star del declinante mondo del cinema muto, o Nerone, parodia della retorica imperiale e della recitazione enfatica dell’attorone, o Fortunello, che suscitò l’entusiasmo dei Futuristi e in particolare di Marinetti; tutte queste macchiette compariranno, infatti, nel film Nerone (1930) di Alessandro Blasetti, di cui purtroppo non disponiamo di una copia integrale.
Nell’oblio in cui stanno cadendo tanti nomi del teatro e cinema italiano d’altri tempi, Petrolini forse è più popolarmente ricordato per le sue canzoni ed i suoi stornelli romani, in particolare per quella Tanto pe’ cantà del 1932, che poi verrà riproposta da tutti gli artisti più rappresentativi di Roma, Alvaro Amici, Gigi Proietti, Gabriella Ferri e, soprattutto, Nino Manfredi.

7. I ragazzi di via Panisperna (1989) di Gianni Amelio con Andrea Prodan, Ennio Fantastichini, Mario Adorf, Laura Morante, Virna Lisi
In un percorso cinematografico del rione Monti, non può mancare il riferimento ai ragazzi di via Panisperna – una delle lunghe arterie che attraversano il rione in continue salite e discese – ossia il noto gruppo di giovani scienzati, fisici e matematici, che si riunirono intorno al fisico Enrico Fermi e che si resero protagonisti di grandi scoperte in campo della fisica nucleare. Parliamo di Emilio Segrè, Bruno Pontecorvo, Edoardo Amaldi ed Ettore Majorana, che negli anni Trenta, istituirono un gruppo di ricerca all’Istituto di Fisica dell’Università di Roma, sito in via Panisperna.
Alle loro vicende si ispira il film di Gianni Amelio, I ragazzi di via Panisperna (1989) appunto, che racconta da un punto di vista privato ed introspettivo, gli entusiasmi, le ansie e le vite di questi giovani studiosi. La scena iniziale nella quale si prepara lo scherzo radiofonico, che porterà ad interrompere bruscamente la diretta di Guglielmo Marconi, si svolge in parte nel bel chiostro della facoltà di Ingegneria di Roma, in Via Eudossiana, anticamente attinente alla chiesa di San Pietro in Vincoli, dove veramente l’episodio si sarebbe svolto. In effetti il sito non è lontano dalla Via Panisperna dove si trovava, all’epoca dei fatti narrati dal film, l’Istituto di Fisica.

8. La sindrome di Stendhal (1996) di Dario Argento con Asia Argento e Thomas Kretschmann

Anche il maestro dell’horror italiano, Dario Argento, ambienterà uno dei suoi film nel rione Monti, il secondo dei cinque in cui dirige la figlia Asia. La sindrome di Stendhal (1996), con musiche del grande Ennio Morricone, è un horror psicologico che destò molto scalpore e suscitò molte critiche nei confronti del regista sia per i toni molto forti, sia soprattutto per la scelta di dirigere una scena di violenza carnale che ha per vittima sua figlia.
La protagonista interpretata da Asia, la poliziotta Anna Manni, abita in via degli Zingari 50, e qui si chiude il film quando – nel tragico epilogo – la ragazza viene prelevata per strada dai suoi colleghi.

 

9. Cuore sacro (2005) di Ferzan Ozpetek con Barbora Bobulova, e Notte prima degli esami (2006) di Fausto Brizzi con Nicolas Vaporidis, Cristiana Capotondi, Giorgio Faletti

In questa lunga carrellata, non possiamo tralasciare il cinema italiano contemporaneo. Qui Ferzan Ozpetek gira Cuore Sacro (2005), non certo tra i suoi film più memorabili, con una trama debole e piena di retorica ed una Barbora Bobulova evanescente. Ma è interessante seguire il registro stilistico che si compiace degli elementi artistici e religiosi che Roma regala qua e là: la chiesa nella quale la Bobulova si siede ed incontra Padre Carras è la chiesa di San Lorenzo in Fonte lungo Via Urbana, riconoscibilissima dalla statua di legno di San Giuseppe, la stessa che viene portata dai falegnami monticiani in processione ogni 19 marzo. La libreria nella quale la piccola ladra si ferma per rubare un pensierino per la Bobulova è in Via dei Serpenti, da cui si vede un Colosseo illuminato sullo sfondo. Infine, ricompare il nasone e gli scalini di Via degli Ibernesi, in una scena notturna in cui la Bobulova si imbatte in un disadattato che la spaventa.

L’anno dopo viene girato Notte prima degli esami (2006), con cui Fausto Brizzi vincerà il premio come Miglior Regista Esordiente ai David di Donatello 2006, campione di incassi ispirato alla canzone di Antonello Venditti, film adolescenziale che vuole anche parlare anche agli adolescenti degli anni Ottanta, dunque ai quarantenni di oggi. La maggior parte delle scene sono girate nel rione Monti: la casa del professor Martinelli, interpretato da Faletti, e della figlia Claudia, si trova in Via Sant’Agata dei Goti 21; il bar dove si ritrovano i ragazzi nel film è in Piazza della Madonna dei Monti; il liceo classico, infine, che frequentano i protagonisti del film è la sede centrale della Facoltà di Ingegneria dell’Università della Sapienza, che abbiamo già incontrato ne I ragazzi di via Panisperna (1989).

 

 10. To Rome with love (2012) di Woody Allen

Anche il regista newyorchese si è fatto sedurre dal fascino del rione Monti, tanto da utilizzarlo come set principale di uno dei quattro episodi che compongono il suo film romano, To Rome with love (2012), “La Storia di John” con Alec Baldwin. Jack, il ragazzo statunitense che John incontra casualmente a Trastevere e di cui diventerà l’ombra e la coscienza, abita con la fidanzata Sally in un appartamento in via dei Neofiti e lo troviamo spesso bazzicare al bar e dal giornalaio di Piazza Madonna dei Monti.

 

11. C’è ancora domani (2023) di Paola Cortellesi

C’è una new entry fresca fresca che non potevo non aggiungere, ovvero il grande successo cinematografico dell’opera di esordio di Paola Cortellesi. Il film è notoriamente girato nel rione Testaccio, ma in alcune scene si riconosce il rione Monti, come nel caso della terrazza – che è un grande omaggio al cinema di Ettore Scola – con vista sui tetti di Roma e sul Vittoriano, e come nel caso dell’utilizzatissima Via degli Ibernesi  con la caratteristica scalinata dove Delia e Marisa si concedono una pausa fumando una sigaretta.

 

Se vuoi scoprire queste location cinematografiche dal vivo, organizziamo periodicamente lo slowtour cine-architettonico del rione Monti.

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Gabriella Massa

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