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Continuiamo con la rubrica del nostro blog dedicata alle singole pellicole che hanno avuto la città di Roma come scenografia naturale con la descrizione di tutte le location.
Dopo “Accattone”(1961) di Pier Paolo Pasolini, non potevamo che scegliere un altro film che incontriamo spessissimo nei nostri slowtour romani proprio perché girato interamente in esterna tra le strade della Capitale. Stiamo parlando di “Ladri di biciclette”(1948) di Vittorio De Sica, sceneggiatura di Cesare Zavattini, Premio Oscar per miglior film straniero, pellicola che incarna nell’immaginario collettivo internazionale il manifesto della stagione neorealista italiana per i suoi cardini fondamentali: ambienti reali, attori non professionisti, una vicenda drammatica sulla durezza della vita quotidiana delle classi popolari nel secondo dopoguerra.
De Sica e Zavattini scelgono di raccontare una vicenda minimale di vita quotidiana che raccoglie in sé il dramma sociale del dopoguerra, la speranza di un popolo straccione che tenta di recuperare una dignità economica ed esistenziale. Il protagonista, attore non professionista interpretato da Lamberto Maggiorani, è un uomo in cerca di lavoro, per ottenere il quale deve possedere una bicicletta. Trovata la bici e ottenuto l’impiego comincia l’attività di attacchino comunale, ma proprio al primo giorno di lavoro gli rubano la bicicletta, e dunque la possibilità di continuare a lavorare.

Il vagare dei due protagonisti, Antonio Ricci e suo figlio Bruno, alla ricerca della bicicletta rubata ci permette di perlustrare a tutto tondo una Roma di fine anni Quaranta, una città piena di drammi e contrasti, che tenta di rialzarsi dalle disgrazie della guerra e della miseria.

In realtà già ad un primo sguardo la Roma di “Ladri di biciclette” appare una città spaccata in due: da una parte c’è Val Melaina, una borgata emarginata e povera, lontanissima da tutto, per raggiungere la quale si devono percorrere lunghi tragitti a piedi o in bicicletta, spesso sterrati e polverosi, o stiparsi in autobus stracolmi di persone. Dall’altra c’è il centro di Roma, dove si svolge tutta la vita economica, legale o illegale, e dove, nonostante la povertà anche qui dilagante, il tessuto sociale ancora regge e fa da garante alla sopravvivenza comune, come ci mostra la scena in cui la comunità del vicolo si erge a difesa del ladro. Al contrario i sottoproletari delle borgate vengono descritti come soggetti completamente isolati dal resto della città ma anche dagli altri esseri umani, in concorrenza per il posto di lavoro davanti all’ufficio di collocamento e abbandonati nella desolazione delle povere stanze nei palazzoni.

Ma vediamo quali sono i luoghi scelti da De Sica come set per il suo “Ladri di biciclette”.

1. VAL MELAINA
Val Melaina viene annoverata tra le dodici borgate ufficiali nate durante il ventennio fascista, progettate dall’Istituto Fascista per le Case Popolari per rispondere al bisogno abitativo di centinaia di famiglie e, al contempo, allontanare dal centro le categorie più emarginate, le cui caratteristiche sociali, morali e politiche contrastavano con l’immagine nuova e grandiosa che il regime fascista voleva dare alla “Terza Roma”.
A rimarcare l’isolamento, anche il carattere dei nuovi alloggi: costruite con materiale economico, con configurazioni ripetitive e con planimetrie squadrate prive di qualsiasi elemento caratteristico, inserite in un contesto topografico assolutamente anonimo, le nuove borgate ufficiali rappresentavano una specie di corpo estraneo alla città, dalla quale erano tenute volutamente distanti. Scarsi i centri di aggregazione sociale, ridotti a semplici quartieri dormitorio scollegati da tutto, vista la mancanza o l’incompletezza delle strade e delle altre infrastrutture.

L’insediamento di Val Melaina, inoltre, insieme a quello di Donna Olimpia, entrambi realizzati tra il 1930 ed il 1932, presentava un elemento di novità rispetto alle precedenti borgate, in quanto per la prima volta si ricorreva allo schema della tipologia intensiva, che rendeva ancora più alienante la situazione abitativa.
Alti parallepipedi sorti praticamente nel nulla, posati nella campagna brulla, senza un tessuto di città.
E così ci appaiono nella scena di apertura del film, in cui la telecamera ci mostra l’ufficio di collocamento davanti al quale si accalcano in tanti, situato all’angolo tra Via Scarpanto e Via del Gran Paradiso. Sullo stesso edificio, oggi c’è una targa che ricorda che De Sica venne qui a girare nel 1948 la sua pellicola.


Il protagonista, poi, si incammina con la moglie verso il proprio appartamento lungo Via delle Isole Curzolane, mostrando la campagna sterminata intorno a questi blocchi di case.

Da questa periferia lontanissima vediamo come i protagonisti raggiungono il centro e vi ritornano. All’andata Antonio Ricci, felice al primo giorno di lavoro, porta il figlioletto Bruno in bici e lo lascia a Piazza Sempione alla pompa di benzina dove il bambino lavora come garzone. Vediamo un Viale Tirreno senza costruzioni che ci appare ancora come una riva selvaggia dell’Aniene e vediamo una poco trafficata Via Nomentana piena di biciclette. Il ritorno a casa, invece, è molto più amaro, con la disperazione della bicicletta rubata e del lavoro perduto. Antonio Ricci fa la fila tra la calca di gente a Piazzale di Porta Pia per prendere il filobus della linea 107 che lo riporterà a Piazza Sempione, dove il figlio lo attende da tempo, e insieme al quale torna mestamente a casa a piedi, mostrandoci Ponte Tazio e nuovamente la sponda dell’Aniene.

 

2. VIA dei MONTECATINI

L’ufficio di attacchino comunale dove Antonio Ricci prende servizio si trova in centro, in Via dei Montecatini nel rione Colonna. Vediamo, infatti, la giovane moglie del protagonista, interpretata da Lianella Carell, appoggiata al palazzo della Cassa di Risparmio di Roma all’angolo tra Via dei Montecatini e Via del Corso. Attualmente il palazzo ospita una dei sede dei Vigili Municipali e a sinistra si vedono i tavolini del ristorante “Il Falchetto” che serve cucina romana dal 1916 ed esiste tuttora.

 

Più avanti nel film compare un altro ristorante storico “L’antico Bottaro”, aperto dal 1932 e che, purtroppo, ha chiuso i battenti da una decina di anni sulla Passeggiata di Ripetta dove sorgeva il Porto di Ripetta, zona un tempo costellata di bottai. Trilussa abitava vicino ed era di casa, il giovane De Chirico pagava coi suoi quadri, di qui sono passati Mastroianni, Sordi, Gassman, la Loren, Totò, Guttuso. Nel 1948 vi approda anche Vittorio De Sica che vi gira la scena famosa in cui Antonio Ricci, a sancire la riconciliazione con il figlio, lo porta a mangiare la mozzarella in carrozza.

 

3. VIA DI PORTA PINCIANA
Il muro dove Antonio Ricci riceve istruzioni da un collega su come attaccare i manifesti è in Via di Porta Pinciana.

 

4. VIA FRANCESCO CRISPI
Il punto esatto del furto della bicicletta è a poca distanza dalle colonne del palazzo in Via Francesco Crispi 18. Nel controcampo, infatti, quando il protagonista ancora si trova sulla scala gridando “al ladro”, si vede la scalinata che porta a quella che era la Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea, attuale Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale.
Antonio poi si mette all’inseguimento del ladro, che risulterà vano. Arriva all’incrocio con Via del Tritone, uno dei pochissimi all’epoca con un semaforo, e sullo sfondo si vede il Traforo Umberto I. Vediamo un traffico che appare anomalo per l’epoca e i filobus due assi delle prime serie del 1937 in servizio sulla linea 115.

 

5. PIAZZA VITTORIO
La ricerca della bicicletta rubata parte dal mercato, assai poco onesto, di Piazza Vittorio. Più precisamente il luogo dove Antonio e il figlio incontrano Baiocco, interpretato da Gino Saltamerenda, e i suoi colleghi per cercare la bici è in Via Foscolo. Dalle immagini si può notare che alcuni lati della piazza erano ancora occupati dai venditori di biciclette e copertoni usati, poi trasferiti a Porta Portese. Da notare anche il traffico praticamente nullo sulla piazza ed il tram a due assi in servizio sulla linea 14 (Piazza Esquilino-Piazza Lodi).

https://youtu.be/s3V0qPQbIsQ

A questa location è anche legato un aneddoto: un quindicenne Ettore Scola scoprì la sua vocazione cinematografica dopo essersi imbattuto casualmente nel set del film proprio a Piazza Vittorio. È proprio Scola a raccontarcelo:

“Una mattina, andando a scuola, ho trovato la piazza occupata perché stavano girando un film. Quello che mi colpì fu proprio De Sica. C’era lui che sussurrava nel megafono. Perché Vittorio non urlava mai, ma sussurrava delle raccomandazioni ai due attori: ‘ecco prendi per mano tuo figlio, attraversa la piazza’…E c’era questa voce bellissima di Vittorio che non dirigeva un film, dirigeva una piazza, dirigeva i movimenti delle persone, dirigeva i sentimenti di queste persone”.

Non sarà un caso, forse, che in una delle sue pellicole più belle, “C’eravamo tanto amati”(1978), Scola ispira due sketch al capolavoro di De Sica, a cui oltretutto è dedicato lo stesso film. Il personaggio interpretato da Stefano Satta Flores, insegnante e cinefilo esperto, prima litiga con i suoi superiori per le ingiuste critiche al film scatenate durante un cineforum nella sua Nocera Inferiore, liti che lo costringeranno a lasciare la cattedra. Successivamente, selezionato per la trasmissione Lascia o raddoppia? di Mike Bongiorno, sbaglia la risposta finale, per un’incomprensione, proprio ad una domanda relativa al bambino protagonista di “Ladri di biciclette”.

 

6. PORTA PORTESE E TRASTEVERE
La ricerca della bici rubata si sposta in un altro luogo tipico della ricettazione: il mercato di Porta Portese. Qui, infatti, Antonio Ricci con il figlio Bruno scorge il ladro, interpretato da Vittorio Antonucci, parlare con un vecchio mendicante e comincia ad inseguirlo.

La camera stacca subito su un paesaggio desolato, segnato dal grande Gazometro sullo sfondo: sono nel luogo dove ora sorge Viale Marconi e dove sono stati costruiti i palazzoni intensivi degli anni Sessanta.

Piazza dei Mercanti
Il muro dove Bruno viene sgridato dal padre perché si ferma a fare la pipì invece di cercare la bicicletta perduta è in Piazza Dei Mercanti, quasi irriconoscibile senza le automobili parcheggiate che oggi la soffocano. Si intravede anche la facciata della Basilica di Santa Cecilia, che compare anche in “Accattone”(1961) di Pier Paolo Pasolini.

Ponte Palatino

Il ponte dove padre e figlio fermano il mendicante, interpretato da Giulio Chiari, al quale chiedono che rapporto abbia con il ladro della bicicletta è il Ponte Palatino, dal lato di Lungotevere Ripa.

Via Giacomo Venezian 19a
La casa dove abita la veggente alla quale si rivolge prima la moglie di Antonio Ricci (anche se De Sica ci confonde in quanto la donna parla di Via della Paglia), e poi sul finale del film lo stesso Antonio Ricci, per avere qualche consiglio sul ritrovamento della bicicletta è in via Giacomo Venezian 19a nei pressi di Piazza San Cosimato. La stessa piazza oggi ospita, sulle serrande dei banchetti del mercato, alcuni murales dedicati proprio ai maggiori film ambientati nella Capitale, tra cui proprio “Ladri di biciclette”.

 

7. CHIESA DEI SANTI NEREO E ACHILLEO
La chiesa dove si nasconde il vecchietto inseguito da padre e figlio perché sospettato di aver rubato la bicicletta è la Chiesa dei Santi Nereo e Achilleo in Viale delle Terme di Caracalla.

 

8. LUNGOTEVERE E PONTE DUCA D’AOSTA
Il luogo dove il protagonista cerca suo figlio pensando che si sia buttato nel Tevere dopo la loro litigata è sotto il Ponte Duca D’Aosta in Via Capoprati. Dopo la riconciliazione continuano a camminare lungo la sponda del Tevere, precisamente sul Lungotevere Ripetta, nei pressi dell’Ara Pacis.

 

9. VICOLO DELLA CAMPANELLA
La seconda parte del film, abbandonata la periferia, si svolge nei quartieri più vecchi della città, anch’essi segnati dal degrado. E’ qui che Antonio incontra fortuitamente il ladro e lo insegue dentro una casa di tolleranza in Vicolo della Campanella, nei pressi di Via del Governo Vecchio nel Rione Ponte. Accanto alla casa di tolleranza, c’è anche l’abitazione del ladro e dove finalmente Antonio Ricci riesce a bloccarlo ma, in mancanza di prove e testimoni, è costretto ad andarsene tra gli insulti dei vicini del ladro.

 

10. FLAMINIO E LO STADIO TORINO

Tutta la ricerca della bici si svolge nella giornata di domenica in una città deserta che fa da sfondo al film. Verso l’epilogo i due protagonisti arrivano dal Lungotevere Flaminio nei pressi dello Stadio Nazionale, dove all’epoca si giocavano le partite di campionato e dove nel film si è appena conclusa una partita di calcio. Lo Stadio Nazionale, inaugurato nel 1911 su un progetto dell’architetto Marcello Piacentini, fu informalmente dedicato, dopo il disastro di Superga, al Grande Torino con il nome di Stadio Torino. Nel 1953 fu dismesso e, nel 1957, demolito per costruire sulla stessa area il futuro Stadio Flaminio che fu inaugurato due anni più tardi in previsione del suo utilizzo per le Olimpiadi di Roma del 1960.

Proprio mentre sta terminando la partita e le persone si avviano all’uscita dallo stadio, Antonio, per disperazione, prova a rubare egli stesso una bicicletta lasciata incustodita ma viene subito raggiunto e linciato dalla folla: la scena si svolge in Via Pietro da Cortona. All’angolo tra Via Pietro da Cortona e Via Flaminia, s’intravede un tram della linea 1 (P.le Flaminio – Ponte Milvio) e la vettura 581 in servizio sul 2/3. L’immagine documenta il breve periodo (1948-1951) in cui alcune linee tramviarie avevano uno strano numero “frazionario”; in realtà la “2/3” non era che l’unione delle precedenti linee 2 e 3, che verrà poi rinumerata 2 nel 1951. Particolare curioso: ancora oggi qui passa uno dei pochi tram romani (P.le Flaminio – Piazza Mancini) che è stato rinumerato proprio con il numero 2.

 

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Gabriella Massa

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Join the discussion 3 Comments

  • fernando ha detto:

    Complimenti per il sito.

    Aggiungerei forse la casa della Santona a Via giacomo Venezian 19a
    (Nel film invice la cercano in Via della Paglia.)

    Poi c’e da notare che la scena dello schiaffo al uscita della chiesa si svolge in due luoghi allo stesso tempo.
    Il campo verso la chiesa, il controcampo verso il fiume. ( cose del montaggio)

    Fernando

    • redazione ha detto:

      Ciao Fernando,
      grazie mille! E grazie anche per le segnalazioni. La casa di Via Giacomo Venezian l’avevamo indicata, e avevamo indicato anche che nel film viene indicata come Via della Paglia.
      Il controcampo, invece, ce lo ricordiamo, ma non l’abbiamo inserito.
      Speriamo di poter pubblicare presto altri articoli di questo tipo.

  • Federico Seisa ha detto:

    Una società di telecomunicazioni ha pensato bene di insultare ulteriormente Via Pietro da Cortona ponendo nei giorni scorsi una grande centralina, ben visibile, in cima alla storica scalinata: degrado culturale dei nostri tempi, solo prepotenza e fame di profitti. (29.09.2021). Chi non ci crede vada a vedere.

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